"Abbassate i toni", Mattarella e lo scontro fra Meloni e toghe. Per lo scudo a Bartolozzi c'è il precedente di Tanzi

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"Abbassate i toni", Mattarella e lo scontro fra Meloni e toghe. Per lo scudo a Bartolozzi c'è il precedente di Tanzi

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Il caso

La giustizia e il fronte del Colle: il patto di non belligeranza sulla riforma, il pasticcio del caso Almasri e la freddezza con il ministro della Giustizia Carlo Nordio

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C’è la “preoccupazione” di chi segue in silenzio un dibattito fra governo e magistratura sempre più aspro. E quindi l’ “auspicio che i toni si abbassino da ambo le parti”. Ma nei pensieri del presidente Sergio Mattarella c’è anche la consapevolezza che questo clima potrebbe continuare ad alimentarsi a vicenda. D’altronde ieri mattina la premier Giorgia Meloni, prima di partire per la Grecia come anticipato dal Foglio, ha bollato l’iniziativa di Avs di voler denunciare il governo alla Corte penale internazionale su Gaza come “il tentativo di provare a liberarsi degli avversari per via giudiziaria”. Reazione di Elly Schlein: “Insinuazioni eversive”. Il clima è questo. In realtà tra il Colle e Palazzo Chigi c’è un patto di non belligeranza sulla riforma costituzionale della giustizia: il capo dello stato, che è anche il capo del Csm, non si è mai espresso nel merito.

E addirittura alla premier alla conferenza stampa di inizio anno scappò che il Quirinale non fosse contrario alla separazione delle carriere. Questo non vuol dire certo che i toni di Meloni di questi ultimi giorni – “c’è un disegno della magistratura per frenarmi” – non siano arrivati a graffiare le vetrate del Quirinale. Episodi che contestualizzati con gli scontri del passato fra il Cav. e la magistratura non stupiscono certo i solidi frequentatori del Colle.

Meloni e Mattarella si sono parlati al telefono tre giorni fa per il decreto Sport: braccio di ferro perso dal governo costretto a togliere gli emendamenti sgraditi al Quirinale. Il presidente nelle prossime ore si trasferirà in montagna per le ferie con la famiglia. Al momento non sono previsti interventi pubblici su questo spinoso argomento.

Discorso ancora più sottile per la vicenda della scarcerazione e del rimpatrio del torturatore libico Almasri. “Un pasticcio”. Sul quale il Quirinale non ha avuto voce in capitolo, se non essere stato informato a decisioni prese. Ma questa vicenda illumina un altro dettaglio: la freddezza dei rapporti tra Sergio Mattarella e il ministro Carlo Nordio. Un feeling mai nato in questi quasi tre anni, caratterizzati anzi da diverse tensioni: dalle incomprensioni con il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, ora rientrate, alla gestione dell’emergenza carceri. E poi ci sono vocabolari e modi di porsi che non coincidono, mondi che non si parlano. E ufficiali di collegamento che non funzionano. E’ il caso di Giusi Bartolozzi, figura centrale al ministero della Giustizia, ormai in ascesa e finita con tutte le scarpe (anche se finora non risulta indagata) nel caso Almasri. Un capo di gabinetto con poteri così speciali e quasi leggendari al punto che Nordio ieri con una nota inconsueta ha dovuto ribadire che “le decisioni ministeriali sono le mie”.

Il rischio che Bartolozzi finisca nel procedimento c’è, così come il tentativo che in caso di indagine nei suoi confronti il governo cerchi di scudarla chiedendo che anche su di lei si esprima la giunta per le autorizzazioni della Camera e poi in ultima istanza l’Aula. I tecnici legislativi del centrodestra hanno scovato un precedente curioso. Risale al 2006 quando per l’allora ministro dell’Agricoltura Gianni Alemanno di An il Tribunale dei ministri chiese l’autorizzazione a procedere per finanziamento illecito ai partiti insieme all’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi a un dirigente della società di Collecchio Romano Bernardoni. Questi ultimi due, al contrario di Alemanno, non erano parlamentari, né membri del governo né ricoprivano ruoli pubblici. Si trattava due normali cittadini. Il tribunale dei ministri chiese il processo per Alemanno (e gli altri due) accusato di aver preso 85mila euro attraverso spazi pubblicitari pagati da una società di Tanzi alla rivista vicino ad An “Area” in cambio di un interessamento del ministero al prodotto “Latte fresco blu” della Parmalat bloccato dai giudici di Bologna dopo il ricorso della Granarolo. Alla fine Alemanno rinunciò all’immunità e con lui quindi anche Tanzi e Bernardoni. Il processo non portò a nulla, ma questo precedente adesso viene ricordato nel centrodestra con una certa enfasi perché potrebbe tornare utile nel caso di un coinvolgimento giudiziario di Bartolozzi. Pensieri che forse stanno lambendo, o forse no, la mente della premier da ieri in vacanza in Grecia con famiglia e amici, fra cui il sottosegretario Marcello Gemmato.

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